Monumenti e opere d'arte (1)
Delle vestigia di quella che fu la grande città di Seminara, grosso centro religioso, monastico e feudale dal medioevo alla fine del XVIII secolo, rimane ora ben poco: qualche rudere dell’imponente porta, chiamata del “Borgo”, pochi resti delle spesse mura di quello che fu il grande castello degli Spinelli, oltre le rovine di importanti chiese e conventi e il portale di qualche lussuosa dimora, come quello della famiglia Mezzatesta.
Il tempo, i terremoti e le incurie degli uomini hanno cancellato ogni cosa della città che diede i natali a molti illustri uomini (i cui nomi rimarranno impressi nella storia ancora per lunghissimi decenni), che fu sede di importanti uffici giudiziari e di prestigiose comunità religiose ove fiorì la cultura classica e l’arte siciliana e continentale.
Il suo territorio, per la sua posizione geografica (collina di facile declivio, clima quasi sempre mite con discreti corsi d’acqua e quindi ubertoso terreno) fu ambito e conteso da feudatari e fu, nel contempo, teatro di grandi battaglie tra forze francesi e truppe spagnole durante la fine del 1400 e i primi del 1500.
Poche e insignificanti tracce del castello, considerato al tempo roccaforte quasi inespugnabile, trasformato poi in ospedale nel quale furono ricoverati centinaia di feriti durante gli scontri armati poc’anzi accennati tra Francesi e Spagnoli.
Niente, o quasi niente è rimasto della grossa cinta muraria (che si nota nel bassorilievo relativo all’ingresso di Carlo V nella città nel 1535), varcare la quale era molto difficoltoso, mentre il passaggio era consentito soltanto da tre imponenti porte: quella del Borgo, quella della Madonna della Montagna e quella della Roséa, oltre due accessi secondari tra cui la Porta del Petruso. Lo stesso si può dire per i cinque conventi (tra cui quelli famosi di San Filareto e San Nicodemo). Le rovine di uno di essi – quello dei Cappuccini – posto nella zona più alta della città, ancora oggi sono evidenti, anche se del grandioso complesso esistono soltanto i ruderi della omonima chiesetta dato che, sulla rimanente area sulla quale sorgeva il convento fu costruito, non molti decenni fa, un grande carcere giudiziario, anch’esso oggi abbandonato e in rovina; per i due grossi monasteri e per una badia di monache e per le numerosissime chiese (ora trenta).