Leonzio Pilato (2)
Dal 1360 al 1362, Leonzio Pilato, per la prima volta al mondo, tradusse l’Iliade e l’Odissea (i codici, studiati per primi dal prof. Agostino Petrusi, Preside della Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sono conservati presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia).
Giovanni Boccaccio, che divenne il suo più affezionato allievo, nella Genealogia degli Dei Pagani, traccia di Leonzio un ritratto emblematico ed esaltante:
Faccia turpe, barba e capelli disordinati, sempre occupato in assidua meditazione, grande nella lingua e letteratura greca, archivio inesauribile di Mitologia greca…
Sempre in quegli anni, Leonzio Pilato, chiamato dal Consiglio degli Anziani a Pisa, traduce in latino il Digesto, la parte greca delle Pandette di Giustiniano.
Per rendere cosa grata e utile a Giovanni Boccaccio, intento a portare a termine l’opera a carattere mitologico La Genealogia degli Dei Pagani, il grande mitografo seminarese traduce, dal greco in latino, l’Ecuba di Euripide (i codici sono conservati nella Biblioteca Medicea di Firenze).
Nell’estate del 1363, dopo aver soggiornato alcuni mesi a Padova, dove forse frequenta i corsi presso quello Stadium Generale, raggiunge Francesco Petrarca a Venezia e vi soggiorna per tre mesi.
Nei primi giorni di ottobre del 1363 s’imbaca per Costantinopoli, sulle orme del suo maestro Barlaam.
A Costantinopoli, stretta da un soffocante assedio da parte dei Turchi e abbandonata al suo destino dai Latini, Leonzio si ritrova, da subito, in estrema difficoltà, tanto da domandare aiuto economico a Petrarca per poter rientrare a Venezia. Richiesta di aiuto che non riceve alcuna risposta da parte del Petrarca.
Secondo ultimissime scoperte di codici di pugno di Leonzio Pilato, fatte a Parigi, il Seminarese, per sopravvivere a Costantinopoli, accettò di dare lezioni di latino al figlio di qualche ricco signore, probabilmente del quartiere latino di Costantinopoli.
In queste ultimissime scoperte (pubblicate negli “Atti del Convegno internazionale su Petrarca e il Mondo Greco” che si è tenuto a Reggio Calabria nel novembre 2001), Leonzio Pilato traduce, dal greco in latino, il testo di filosofia forse più difficile, la Fisica di Aristotele e, in un momento di sconforto, egli dice di essere un Laureato.
Leonzio Pilato morì, colpito da un fulmine, su una nave che lo stava riportando in Italia, quand’era ormai in vista del porto di Venezia, ai primi di dicembre del 1365.
Negli ultimi decenni la figura di Leonzio Pilato ha assunto, grazie agli studi di Agostino Petrusi prima, e di altri insigni studiosi dopo, un ruolo centrale e importantissimo nella letteratura italiana, soprattutto in relazione alla nascita del pre-umanesimo in Italia
È auspicabile che ulteriori studi, che si stanno conducendo in Italia e all’estero, portino a un inquadramento definitivo della figura e dell’opera del grande Seminarese, per restituirgli il ruolo che già Petraraca e Boccaccio gli diedero: quello del precursore, insieme a Barlaam, del pre-umanesimo italiano.